Aprile, è sempre Aprile nei miei ricordi quando sono in bici e sto dietro al nonno Umbertino che con la sua Bianchi grigia e verde mi porta a pescare in via Guratti sotto al mio salice preferito. Si pescano i pesin da fare rigorosamente fritti, se ne pescano a manciate, sono molto fiera di saper montare una canna e preparare la pastura ma soprattutto sono fiera di essere lì con lui. Da altre postazioni strategiche si vedono seggiole pieghevoli ed altrettanti esperti, con loro ci si ferma a parlare e tutti, TUTTI, si vantano delle prede.

Poi per tornare a casa si passa per l’argine e lì sì che la cosa si fa interessante: a Po si trovano i top player della caccia al siluro.
Un essere mitologico per la me di undici anni. Dai racconti sembra essere una creatura venuta fuori dall’Ade, ognuno ha la sua personale avventura/disavventura con il mostro delle dimensioni sempre improbabili (ma di cui non vedo mai traccia)…

Passano gli anni e fino a qualche giorno fa del siluro era rimasta una certa aura di mistero, poi, sfogliando un giornale mi salta agli occhi un nome che riconosco, è del compaesano Diego Dal Bello. Leggo e viene fuori che lui la storia sul siluro non se la inventa per niente, anzi!

Ci incontriamo come fosse la prima volta perché, anche se tutto il mondo è paese, il paese alle volte rende le persone più distanti ed ecco la sorpresa: conosco un ragazzo estremamente preparato sotto ogni punto di vista. Mi racconta che pesca da anni con una consapevolezza che supera quella dei “vecchi” che vedevo sulle rive, pesca per sé stesso e con sé stesso.

Sono tanti gli aspetti tecnici che non farò finta di conoscere senza però capire, capisco invece che è fondamentale una buona attrezzatura, la giusta compagnia e una buona dose di tentativi. Il siluro è davvero una preda difficile, guardo le foto e mi rendo conto del perché della sua fama; il più grande che Diego ha pescato è un torello di più di due metri per 70/80kg di peso che giuoca bene la sua partita tanto che con la tecnica del vertical trascina la barca anche per centinaia di metri prima di essere domato.

È esaltante.

Ormai si è risvegliato quel sentimento che io stessa ho provato per cui sento che tutti dovrebbero poter provare almeno una volta la sensazione di quella brezza leggera che muove qualche piccola onda mentre si aspetta il movimento dell’amo, quella tensione dei nervi e dei muscoli che sembrano dover cedere ma che non mollano mai, quell’aria affumicata del falò (vietatissimo e per questo così poetico) sull’isolotto in mezzo al fiume…
La passione che Diego trasmette e trascinante come la corrente del fiume per cui già mi vedo sul nuovo super mezzo del Bonello (non dirò altro ma lo scoprirete…) solcare il Po facendo lo slalom tra le ormai troppo grandi isole create dalla siccità e pronta a sfidare quelle ciurme di pescatori di frodo che arrivano dai paesi del Danubio Blu apposta per poterne ripopolare le acque e rifornire rinomati ristoranti che in quel dell’Ungheria e dell’Austria considerano il siluro una prelibatezza per pochi.


In attesa della prossima gita a Po mi consolo con la pesca delle ochette alla fiera di San Giorgio!

About the Author: Sara Zamberlan

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