Antica Grecia: patria di Dei alquanto umorali, Eroi dai discutibili costumi e Uomini in balia dei primi e dei secondi.
In un simile crogiolo storico si sviluppa il mito di Fetonte che ci riguarda direttamente perché questo giovane ha visto la fine delle sue avventure/disavventure proprio nel nostro Po.
Fetonte è un ragazzetto di bella presenza che porta sulle spalle un retaggio pesante: è il figlio maschio di Apollo e Climene quindi di un dio e della discendente di un titano, un pariolino del monte Olimpo insomma. Ci si aspettano da lui grandi cose ma a tempo debito, per ora infatti dovrebbe guardare ed imparare. E cosa fa?
Ruba (qualcuno dice che lo abbia preso in prestito) il carro del sole del padre e in preda ad un delirio di onnipotenza, tipico dell’ormone impazzito dell’età tardo-puberale, si lancia nella volta celeste causando se troppo lontano dalla Terra freddo e gelate, come al contrario siccità e bruciando la vegetazione fino a formare il deserto del Sahaara se troppo vicino.
È una mina vagante.
A questo punto scende in campo Zeus, che tutti conoscono per il carattere docile e tollerante, che lo colpisce con una saetta e lo fa precipitare di netto nell’Eridano, sì nel Po, proprio nel tratto rodigino del fiume.

Lacrime cadono copiose dagli occhi delle sue sorelle, le Eliadi, che a loro volta verranno trasformate in eleganti pioppi e continueranno a piangere lacrime d’ambra.

Ogni volta che sono sull’argine e riesco a gustarmi uno di quei momenti che si imprimono nei ricordi delle emozioni, con il sole che si tuffa perfettamente nel mezzo tra i due argini e tutto si tinge di rosso, un tramonto di fuoco e di acqua, ecco penso che sia stata questa stessa visione ad ispirare una storia tanto commovente e un finale tanto maestoso.
E sì, infine penso alla storia del Bepo, lui sì che nel fiume ci è finito per certo, con la sua due cavalli.

Ed è diventato un mito.

About the Author: Sara Zamberlan

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